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Giorgio Panariello: 'Oggi l'ironia è un fast food'
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Giorgio Panariello: 'Oggi l'ironia è un fast food'

Giorgio Panariello si racconta in un’intervista dove spazia dalla sua infanzia, al ricordo del fratello morto per ipotermia.

‘Quando la maestra spiegava o interrogava qualche compagno riempivo i quaderni con la mia firma: era già la prova del mio gusto per l’autografo. E poi mi chiudevo in bagno e, con la spazzola dei capelli di mia nonna, facevo finta che fosse un microfono e mi intervistavo, farneticando su quello che facevo o volevo fare… Però, quando alla fine delle medie gli insegnanti mi indicavano la scuola che avrei dovuto fare, ho sbagliato’, ricorda il comico nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera.

‘Mi consigliavano uno studio relativo al contatto con il pubblico e ho capito male: mi iscrissi alla scuola alberghiera, pensando che fossi portato a fare il cameriere’, ricorda Panariello che dopo aver abbandonato l’istituto alberghiero, virò verso il cantiere navale di Viareggio per poi cimentarsi con le imitazioni.

‘Mi ero stufato di fare il cameriere e mio zio mi portò a fare l’elettricista nel suo cantiere: altro mestiere assolutamente sbagliato, per me. Nessuna nave sarebbe riuscita a partire grazie al mio intervento elettrico. Nel frattempo avevo cominciato a fare pratica nelle radio libere dove ho scoperto la mia passione e mi sono posto il dilemma: continuare a svolgere un mestiere che non sapevo fare oppure lanciarmi in un’avventura? Ho scelto di rischiare, d’altronde la vis comica non la impari a scuola di recitazione: o ce l’hai dentro o non ce l’hai e spesso i grandi comici nascono dai loro travagli interiori, da storie familiari difficili, a volte drammatiche… (…) Prima, la comicità era ragionata, sia aveva il tempo per costruirla. Oggi è diventata un fast food’.

In scena da domani al Teatro Verdi di Firenze con ‘Favola mia’, Panariello si apre al pubblico svelando retroscena inediti della sua personalità.?’È il racconto della mia vita, personale e professionale. Una chiacchierata col pubblico, per svelare chi è il Giorgio dietro al Panariello. Per questo l’ho intitolato come la canzone di Renato Zero, al quale rendo un doveroso omaggio, dove c’è una frase che dice: dietro questa maschera c’è un uomo…’.

Il riferimento va anche al fratello, morto prematuramente dopo aver a lungo lottato contro la dipendenza da stupefacenti.?’Un’infanzia difficile, non infelice, l’ho raccontata in un libro, “Io sono mio fratello”. Sono stato abbandonato da mia madre, che era troppo giovane per crescere un figlio, e non ho mai saputo chi fosse mio padre. Sono stato allevato dai nonni materni. Un anno dopo la mia nascita, è nato mio fratello Franco, anche lui abbandonato… però i miei nonni avevano già da crescere, oltre a me, i loro cinque figli e lui venne affidato a un istituto di suore. Ogni tanto veniva a casa da noi, poi spariva e io, i primi anni, non sapevo che fosse mio fratello, lo credevo un amichetto con cui giocavo. Col passare degli anni, lui ebbe problemi con la droga e l’ho aiutato: lo portai a San Patrignano per farlo disintossicare. All’inizio tutto procedeva per il meglio, poi è scappato… in seguito è tornato ed era uscito dal suo faticoso percorso, totalmente “ripulito”. Ma una sera va a cena con degli amici, forse gli hanno offerto qualcosa… una pasticca, non so… ebbe un malore e quelli che erano con lui, invece di portarlo in ospedale, lo abbandonano sul lungomare di Viareggio: è morto per ipotermia’.